Luigi Dadina: teatro è mutamento

di Serena Onofri, foto Massimo Fiorentini
Luigi Dadina, cofondatore del Teatro delle Albe e del Cisim
Luigi Dadina, cofondatore della compagnia Teatro delle Albe di Ravenna, è un autodidatta. Ha dedicato la sua vita al teatro e, grazie ad esso, racconta della società e dei suoi cambiamenti. Quando ha iniziato in città c’era una sola realtà teatrale, il teatro dell’arte Maranatha. Dopo una serie di passaggi nel 1983, fonda il Teatro delle Albe insieme a Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Marcella Nonni.

Luigi Dadina, com’era la situazione teatrale in questi anni?

“Molto differente da oggi, non esistevano realtà produttive. Durante la nostra adolescenza Ravenna si stava trasformando da città agricola a città industriale. Il teatro è stato un modo forte e necessario di reagire a quel mutamento, ci permetteva di essere ribelli ma di conservare quel tempo antico della condivisione di uno spazio e di un tempo vivo tra le persone, tra attori e spettatori. Marco ed Ermanna artisticamente hanno guidato questo percorso, Marcella e io ci siamo occupati più di questioni pratiche, organizzative. I primi anni abbiamo avuto sede al Teatro Goldoni a Bagnacavallo, poi ci siamo spostati al Rasi.”

Le Albe afro-romagnole: un capitolo importante. Che cosa hanno rappresentato? 

“È un processo ancora in atto, dal 1986 fino a oggi. Allora la città aveva cominciato a essere meticcia e non potevamo che testimoniare e reinterpretare con il nostro teatro quella trasformazione epocale”, racconta Luigi Dadina. “Per me questo ha significato un primo approccio con Lido Adriano dove hanno abitato i primi attori africani del Teatro delle Albe e che è diventato rapidamente il paese cosmopolita che è ancora oggi.”

Qual era l’obiettivo di fare teatro attraverso i laboratori della non-scuola? Come si lavora con i ragazzi di diverse generazioni? 

“La non-scuola è tuttora un processo di avvicinamento al teatro assolutamente antiaccademico. Ha coinvolto negli anni migliaia di ragazzi. Ha cresciuto una nuova generazione teatrale. È nata e ha centro a Ravenna ma questa ‘peste’ ha contagiato ragazzi in tutto il mondo.

Per me, che sono monotematico, ha segnato la nascita del legame con Lido Adriano, sono subito entrato in contatto con ragazzi che arrivavano da diverse zone d’Italia e del mondo. Ho trovato un’energia nuova, non convenzionale.

La chiave di svolta è stato incontrare Moder e Max Penombra, rapper del Lato Oscuro della Costa. Il confronto con loro, con la loro cultura rap e con i ragazzi di Lido, gli anni e anni passati lavorando insieme ci ha portato poi a fondare il Cisim. Attraverso il rap e il teatro, grazie all’Agorà e alla cooperativa Libra e con l’apporto determinante di Laura Gambi, abbiamo creato questo straordinario luogo di cultura e di socialità.” 

Attore, autore e maestro di laboratori teatrali. Luigi Dadina, nella tua carriera quale di questi ruoli hai preferito? 

“Ho sempre detto che di mestiere facevo teatro. Senza specificare il ruolo. Oggi ho meno timore di dire che sono un attore. Autore fatico a dirlo, sono un attore che a volte scrive. Sono anche una guida nei processi laboratoriali a cui partecipo. Ma alla fine la mia attitudine è fare teatro, non ovunque, sono monogamo oltre che monotematico, faccio Teatro nelle Albe.” 

Parliamo di Ravenna: come ha risposto la città ai numerosi spettacoli che avete rappresentato? 

“Il legame con la città, con le istituzioni e la gente, c’è. Anche se va ricreato in un movimento e in una relazione continua, viva. Ci piace parlare della città, con la città, ma sentiamo necessario anche indagare i misteri della psiche. Ci piace confrontarci in un modo non consolatorio e nostalgico con la storia di Ravenna, ma ponendoci, se riusciamo, nel fondo dell’abisso, nel cuore del tornado dove coesiste la distruzione più tremenda e la pace assoluta.” 

Come si fa teatro nel 2022? È cambiato qualcosa dagli inizi? 

“Lo spirito è sempre quello, bisogna sempre stare in relazione con le giovani generazioni. Il teatro è un organismo vivente e richiede di stare al passo con i tempi e le mutazioni, con le pandemie e le guerre. Ecco, il teatro ci chiede di essere vigili e vivi.”

Guardando al futuro, cosa si prospetta all’orizzonte?

“Attualmente continuo a portare in scena gli spettacoli dove sono autore e attore: Mille anni e giù di lì che ho realizzato con Davide Reviati e Pane e petrolio con il Teatro delle Ariette. Continua a circuitare con mio grande piacere Saluti da Brescello di Marco Martinelli e sarò in scena con il Paradiso questa estate nel progetto che coproduciamo con Ravenna Festival e la direzione di Martinelli-Montanari. Poi, a settembre, tornerò a operare stabilmente a Lido Adriano, con l’obiettivo di creare un teatro della comunità al Cisim, con gli allievi dei diversi laboratori, i ragazzi e gli artisti che collaborano in maniera continuativa.”

Luigi Dadina – Ravenna IN Magazine 02/22
Sopra, Luigi Dadina ritratto davanti allo scenario suggestivo della Sarom.
Luigi Dadina – Ravenna IN Magazine 02/22

Un consiglio per un giovane che vuole iniziare a fare teatro oggi?

“Farsi tante domande e rispondersi sinceramente. Il teatro non è cinema, non è televisione, chiede molto di più e riconsegna tanto.”

Luigi Dadina, cofondatore della compagnia Teatro delle Albe di Ravenna, è un autodidatta. Ha dedicato la sua vita al teatro e, grazie ad esso, racconta della società e dei suoi cambiamenti. Quando ha iniziato in città c’era una sola realtà teatrale, il teatro dell’arte Maranatha. Dopo una serie di passaggi nel 1983, fonda il Teatro delle Albe insieme a Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Marcella Nonni.

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