Silvia Camporesi, meraviglie riemerse

di Lucia Lombardi, foto Silvia Camporesi
Tra realtà e finzione con la staged photography, e poi…
“Uso la fotografia come una modalità di scoperta, di catalogazione tematica di luoghi e situazioni create dall’uomo o dalla natura e il soggetto è sempre l’Italia.”

Negli anni in cui studia Filosofia all’Università di Bologna, in Silvia Camporesi si sviluppa un interesse profondo per le immagini fotografiche. Così decide di approfondire la materia andando “‘a bottega’ da un fotografo del mio paese,” racconta. “Che mi ha insegnato la tecnica e la stampa in camera oscura. Dopodiché ho cercato di applicare il metodo di studi appreso in Filosofia a una idea di fotografia più votata ai concetti che alla forma e all’estetica.”

Già dai primi lavori questo suo approccio si esplicita nell’adesione alla ‘fotografia allestita’, ovvero la Staged photography, utile per instaurare una profonda e vivida dialettica tra realtà e finzione espressa nella serie Ofelia del 2004. “A un certo punto ho capito che la Staged photography era un pretesto per lavorare sul paesaggio, ma ancora non avevo il coraggio di abbandonare la figura umana. C’è voluto tempo, ho dovuto capire il potere insito nei luoghi prima di intraprendere il percorso che ora muove completamente la mia ricerca.”

Così dal 2011 lo sguardo di Silvia Camporesi si è rivolto in maniera più radicale al tema del paesaggio. Si pensi a Italia inside out. Per passare alla ricognizione dei luoghi abbandonati in Italia, nel cui approccio riecheggia il mitico Viaggio in Italia del 1984 realizzato attraverso le fotografie di Barbieri, Basilico, Battistella, Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, White e altri. Con testi del grande critico e professore Arturo Carlo Quintavalle. Un progetto spartiacque che ha cambiato radicalmente lo sguardo sul paesaggio. 

Dal 2011, anno della serie La Terza Venezia, “entrata a far parte della collezione della Farnesina, tutta la mia ricerca è rivolta all’Italia. Ho iniziato una prima esplorazione delle venti regioni italiane con la serie Atlas Italiae (2015), un progetto dedicato ai luoghi abbandonati,” dice Silvia Camporesi.

“Poi di nuovo nel 2023 ho pubblicato Mirabilia, una esplorazione di 99 luoghi insoliti e poco noti, diffusi nelle regioni italiane. Nel contempo mi sono dedicata anche a progetti commissionati che hanno sempre a che fare con le nostre regioni. Così come la serie Cose che non fanno rumore, parte della mostra collettiva Italia in attesa, un progetto commissionato dal Ministero della Cultura a dodici fotografi, durante il periodo del lockdown.

A ognuno di noi è stato chiesto di esplorare gli spazi di natura e cultura immersi nel silenzio di quei mesi e io ho lavorato sulle zone della mia infanzia, ovvero il mare e le montagne della Romagna. Ora ho appena iniziato una nuova indagine rivolta al tema dell’acqua: alla sua presenza e alla sua assenza. Tendenzialmente uso la fotografia come una modalità di scoperta, di catalogazione tematica di luoghi e situazioni create dall’uomo o dalla natura e il soggetto è sempre l’Italia che, come scrive Franco Arminio nella prefazione a Mirabilia, ‘non finisce mai’.”

Nel 2020 vince il premio Prima Cantica 21 per un progetto sui 700 anni dalla morte di Dante, così anche letteratura e libri entrano nel suo radar. Dal lockdown in poi per Camporesi il rapporto tra ambiente e obiettivo fotografico diventa sempre più radicale, si pensi al lavoro svolto per Riemersi. Romagna 2023. Storie per un’alluvione e Mirabilia dove il tema dell’ambiente diventa incalzante. 

“Il 16 maggio 2023 la Romagna è stata colpita da una terribile alluvione. Io fortunatamente abito in una delle zone che non sono state sommerse dall’acqua. Pertanto ho preso la macchina fotografica e per un mese ho documentato, tutti i giorni, quello che era accaduto.

Non mi ero mai occupata di documentazione o reportage. In questo caso però mi sono sentita in dovere di farlo, essendo la mia città parte del dramma. L’ho fatto senza avere esperienza dei codici del reportage, pertanto ho usato le modalità che conoscevo, ma ovviamente è contato soprattutto il coinvolgimento emotivo,” racconta.

“In quei giorni ho avuto modo di fotografare anche la biblioteca del Seminario Vescovile di Forlì. Uno spazio contenente 150.000 volumi, molti dei quali antichi, totalmente sommersi da acqua e soprattutto fango. Sommersi salvati, titolo mutuato dal capolavoro di Primo Levi, racconta quei giorni, senza indugiare mai su alcuna forma di dolore.

Sono immagini a tratti soavi, ferme, e per la prima volta dopo tanto tempo ho reinserito le figure umane. Una selezione di fotografie è diventata una mostra che sta girando in varie città italiane.” Nel contempo a Roma per la mostra dal titolo Architetture inabitabili promossa da Cinecittà, ha realizzato un progetto su committenza, “dedicato agli Ex Seccatoi del tabacco di Burri a Città di Castello e ai Plamenti di Pietragalla, sempre Italia insomma!”

Silvia Camporesi, meraviglie riemerse
La mostra “Sommersi Salvati” documenta il salvataggio dei libri presenti nel Seminario Vescovile di Forlì travolto dall’acqua e dal fango.
Silvia Camporesi, meraviglie riemerse
Silvia Camporesi, meraviglie riemerse
Attualmente è impegnata nel portare avanti un progetto sulla ricognizione delle frane in Romagna, provocate dall’alluvione di maggio 2023. “Ho vinto un bando di concorso del Ministero della Cultura e fra maggio e giugno sarà pronta la mostra e una pubblicazione.”
Silvia Camporesi, meraviglie riemerse

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