Fabrizio Gavelli, top manager forlivese

di Francesca Miccoli
Presidente E amministratore Delegato di Ferrero Commerciale Italia
Leggi business e pensi alla massimizzazione del profitto. Fortunatamente, ci sono ancora aziende che non operano solo in nome del dio denaro, attraverso un capitalismo ‘predatorio’, ma diffondendo benessere, con ricadute sulla società, le persone e l’ambiente: è il caso di Ferrero.

Filosofia che condivide anche Fabrizio Gavelli, top manager forlivese, che ha sempre sposato nella sua già lunga carriera: 57 anni, vissuti da nomade in giro per l’Italia e l’Europa a nobilitare la causa di multinazionali quali Procter & Gamble, Reckitt, Mellin, Danone, per ben vent’anni e, dallo scorso ottobre, Ferrero Commerciale Italia, di cui è Presidente e Amministratore Delegato

Sguardo pulito e sorriso empatico, ha costruito il proprio percorso sui valori saldi appresi in famiglia e nel corso di incontri illuminanti. “Dai miei genitori ho imparato la dedizione agli affetti e al lavoro, l’onestà, il non dover mai scendere a compromessi,” racconta Fabrizio Gavelli dal suo ufficio di Alba.

“E anche il coraggio nelle scelte”. Per spiegare l’accezione della parola coraggio, il manager ricorre a un episodio potente. “Durante la guerra, mio padre scappò dal campo di lavoro forzato nazista nella Foresta Nera. Gli spararono alla schiena, ma riuscì a scappare con altri cinque romagnoli, diventati poi suoi migliori amici.” Racconto che alimenta la consapevolezza di essere un privilegiato in chi, come Fabrizio Gavelli, ha sempre condotto una vita errante per assecondare la passione per i viaggi e riempire l’esistenza di stimoli. 

“Da bambino sognavo di diventare pilota di aerei, mi sembrava il modo più semplice per viaggiare.” Un’apertura mentale acquisita giovanissimo negli anni di militanza nel Cisv, sodalizio che costruisce ponti tra persone e culture differenti. “Dopo la laurea in Economia, ho vissuto in 12 città di 6 Paesi diversi. Ogni località mi ha dato qualcosa: Londra la libertà di fare ciò che vuoi, Amsterdam mi ha insegnato cos’è l’inclusione; a Lubiana e Zagabria ho vissuto un’avventura umanamente impattante poco dopo la guerra nei Balcani. La città a cui sono più legato è Varsavia, dove la mia primogenita ha vissuto i primi dieci mesi. La fortuna di lavorare in grandi aziende mi ha fatto crescere circondato da persone molto stimolanti.”

Tra queste purtroppo non c’è stato il tempo di conoscere Michele Ferrero, scomparso nel 2015, che tuttavia ha lasciato un’eredità straordinaria, preziosamente raccolta dal figlio Giovanni “Amo ascoltare le persone che operano in azienda da quarant’anni e ne conoscono la storia,” spiega. “Ho abbracciato appieno la filosofia di Ferrero e la sua idea di capitalismo condiviso. Dal primo giorno ho fatto mio quanto letto nel libro dedicato a Michele Ferrero, che ha sempre concepito una forma di capitalismo non rapace, ma illuminato ed etico. Moralmente rigoroso, irreprensibile nei comportamenti e convinto del ruolo decisivo che nella società ha la forza del bene.” 

Tra i grandi meriti di Fabrizio Gavelli, la capacità e l’umiltà di fare tesoro dell’esperienza di chi è venuto prima. Un impegno ripagato da grandi soddisfazioni. “Poco prima di entrare in Ferrero ho avuto l’opportunità di pubblicare sull’Harvard Business Review un inserto di 50 pagine su Il megafono sociale, un nuovo modello di business per la sostenibilità sociale delle aziende.” La gratificazione maggiore resta l’essere “a capo di una delle aziende italiane di maggior successo, con brand iconici e parte della vita quotidiana di tutti, capace di trasferire costante innovazione al mercato.” 

Guardando avanti, gli obiettivi sono altrettanto sontuosi. “Per il futuro dovrò concentrarmi sullo sviluppo commerciale e promuovere il ruolo chiave di Ferrero in Italia e per l’Italia. Già ora vale lo 0,2 del Pil italiano. Vogliamo far brillare ulteriormente questo gioiello,” spiega dal suo ufficio di Alba.

Tra i tanti progetti consolidati ci sono Pane e Nutella, che celebra l’arte della panificazione italiana e la varietà gastronomica dei pani regionali nel nostro Paese. Quindi Kinder Joy of Moving, in collaborazione con il ministero della Pubblica istruzione per avviare i giovani alla pratica sportiva e alla gioia del movimento. “Poi c’è il Torneo Estathé di basket 3 contro 3, che vivrà l’ultimo atto a Riccione.” 

Lo sport è da sempre una grande passione di Fabrizio Gavelli, ereditata con i cromosomi paterni. “Mio papà ne era talmente innamorato da acquistare, vicino alla pensione, il chiosco del Totocalcio affacciato su piazza Saffi dopo essere stato per lungo tempo presidente del Centro sportivo italiano. Io dagli 8 ai 23 anni non ho perso una sola partita casalinga della società cestistica forlivese.”

Curiosamente fu proprio quell’amore giovanile a far muovere a Fabrizio Gavelli i primi passi nel mondo imprenditoriale. Da poco maggiorenne, assieme a un amico, decise di stampare una t-shirt dedicata a Bob McAdoo, il più grande campione transitato dalle parti del Palafiera, oggi Unieuro Arena. Con l’approvazione ‘di un certo’ Maurizio Gherardini, forlivese doc, già dirigente Nba a Toronto, oggi presidente della Lega Basket. 

Non si tratta dell’unico grande personaggio incontrato lungo il cammino. “Leonardo Bonucci, vicecapitano della nazionale di calcio campione d’Europa,” racconta, “è stato testimonial di una mia campagna per accompagnare le persone anziane ai centri vaccinali nel periodo Covid.”

È legato a un’attività solidale anche l’incontro con Stefano Belisario, leader della band Elio e Le Storie tese, papà di un ragazzino affetto da sindrome autistica. “Siamo entrati in grande sintonia realizzando una campagna pubblicitaria che ci ha permesso di far conoscere PizzAut, la pizzeria gestita da ragazzi autistici. Ne vado molto fiero.” 

Poi c’è Gino Strada. “L’ho accompagnato a casa a Milano dopo una convention in Liguria,” ricorda Gavelli. “Abbiamo cenato assieme più volte chiacchierando per ore. Lo ascoltavo come un figlio ascolta un padre e in questo momento ‘folle’ sento molto la sua mancanza.” Altra fonte di ispirazione Carlin Petrini di Slow Food, che ho recentemente conosciuto, nell’ambito di una collaborazione tra Ferrero e l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, a pochi chilometri da Alba. 

Pur essendo cittadino del mondo, Gavelli conserva salde radici in Romagna, “dove torno meno spesso di quanto vorrei,” dice. “Mi mancano le chiacchierate con la famiglia e gli amici di Forlì, le passeggiate in piazza Saffi, il mare e il basket la domenica pomeriggio.” 

L’agenda gonfia di impegni non rappresenta un peso ma uno stimolo. “Amo tantissimo il mio lavoro. La sede è in Piemonte, ma viaggio spesso.” La vita extralavorativa è tutta per la famiglia. “Il mio primo hobby sono le mie figlie e i loro interessi: danza classica, ginnastica ritmica, atletica. Sto con loro molto meno di quanto vorrei, obbligato a privilegiare la qualità alla quantità.”

Pronunciando la parola qualità, l’ad imita lo slang di quel Pier Luigi Pardo conosciuto 30 anni fa in P&G. “Un caro amico, capace di unire professionalità e divertimento come pochi altri.” “Nuove sfide, stessa passione,” chiosa, “potrebbe essere il titolo della prossima convention Ferrero, ma anche una sorta di pay off della mia storia.”

Fabrizio Gavelli, top manager forlivese
Fabrizio Gavelli, top manager forlivese
Pubblicato su Forlì IN Magazine 03/25, chiuso per la stampa il 30/07/2025

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