Per chi desidera avere un’idea del panorama contemporaneo internazionale legato alla ceramica, materia plastica che negli ultimi anni sta ricevendo una grande attenzione, da non perdere è la 63a edizione del Premio Faenza, dal 28 giugno al 30 novembre al MIC di Faenza.
Sono un centinaio gli artisti, provenienti da tutto il mondo, dalla Cina e Corea fino ad arrivare al Sud America, selezionati dalla giuria internazionale composta da Claudia Casali (direttrice del MIC di Faenza, presidente di giuria), Hyeyoung Cho (Korea Association of Art & Design), Valentins Petjko (Latvian Ceramic Biennale) e Marco Maria Polloniato (curatore).
D. Claudia Casali, quante richieste di partecipazione avete ricevuto?
R. “Quest’anno, il Premio Faenza ha registrato la presentazione di ben 1.318 opere da 874 artisti, 200 per la categoria under 35 e 674 per quella over 35, rappresentanti di 72 nazioni. Un’edizione straordinaria che ha messo in difficoltà la giuria internazionale, nella selezione finale.
Sono state ammesse 107 opere di artisti provenienti da tutto il mondo a rappresentare oltre 34 nazioni. In mostra vedremo sculture e installazioni, come richiesto dal bando, con una profonda attenzione alle tematiche attuali, sociali, politiche, ambientaliste: come di consueto, la nostra Biennale è uno sguardo su noi stessi e sulla nostra identità.”
D. Il Premio Faenza ha oltre 80 anni di storia. Può citare un paio di edizioni che sono rimaste nella memoria?
R. “Sicuramente l’edizione celebrativa degli 80 anni ovvero 60 edizioni, dal titolo Ceramics Now!, realizzata nel 2018 su invito. 15 curatori internazionali hanno selezionato 50 artisti rappresentativi di una modalità di fare scultura e installazioni uniche, con maestri di chiara fama e talenti riconosciuti.
Fu una festa della ceramica arricchita di eventi performativi, musicali, riflessioni che hanno riportato Faenza al centro del mondo della ceramica internazionale.”
D. C’è poi stata quella del Covid che doveva tenersi nel 2020…
R. “Particolare e sicuramente memorabile. La giuria aveva predisposto la selezione degli artisti ma non riuscimmo ad allestire la mostra. Per dare valore ai selezionati, organizzammo una serie di talk online molto partecipati: era un modo di far vivere la comunità artistica ceramica in un momento in cui la presenza era negata.
Questa modalità di presentazione online e in streaming è stata mantenuta sia per l’edizione attuale che per la precedente: ogni mercoledì pomeriggio siamo online e raccontiamo il premio attraverso i suoi protagonisti. Questi episodi rimangono visibili sul nostro canale YouTube. Ormai è un podcast consolidato e molto seguito.”
D. Il Premio offre una panoramica internazionale sulla ceramica. Negli ultimi anni, quali sono stati i Paesi che più si sono distinti o hanno fatto ‘progressi’?
R. “È una domanda complessa. Tradizionalmente il Paese con più partecipazione, oltre ovviamente l’Italia per una questione logistica, è il Giappone. Fin dagli anni Settanta gli artisti giapponesi hanno avuto molto spazio nella nostra Biennale e si sono distinti con Premi importanti: uno fra tutti Sueharu Fukami, che grazie al riconoscimento faentino divenne poi una star internazionale.
Negli anni è aumentata la partecipazione cinese grazie ai tanti centri di formazione e valorizzazione della ceramica nati e rilanciati negli ultimi 15 anni. La Cina si caratterizza soprattutto per la produzione eccellente under 35. Sorprendono molto le presenze lettoni, lituane, belghe, coreane, polacche. L’area baltica ha una vitalità eccezionale grazie al supporto di centri come il Mark Rotko Center organizzatore del Martinsons Award.”