Nevio Spadoni e il fuoco della poesia

di Anna De Lutiis
Docente, poeta, drammaturgo e letterato
Incontrando Nevio Spadoni nella sua casa nel centro storico di Ravenna, si notano subito il computer e due deliziose gattine, Frida e Cabiria, che non si preoccupano minimamente della presenza di un estraneo e continuano a sonnecchiare padrone delle poltrone.

Nevio Spadoni, già docente di Filosofia, poeta, drammaturgo e letterato, nasce a San Pietro in Vincoli, nella campagna ravennate. Qui trascorre i primi anni della sua vita, innamorato della natura, mentre cresceva in lui la poetica capacità di conoscerla, osservarla, innamorarsene.

La sua passione per la filosofia nasce già al liceo e prosegue all’università, dove incontra il professore Enzo Melandri – “un genio,” come lui racconta. Nell’insegnamento trova subito la via giusta per comunicare e trasmettere ai suoi alunni la passione per la materia. “Mi sono trovato sempre bene sia con gli alunni che con i colleghi che continuo a vedere, a incontrare, anche a distanza di tanti anni e spesso anche con le famiglie.”

A dare a Nevio una direzione che seguirà tutta la vita è stata la poesia, la prima la compone a soli quindici anni. In concomitanza con la morte del padre. “Si è aperto per me un momento di profonda riflessione che mi ha portato a chiudermi e a meditare sul significato dell’esistenza.”

Nel 1985 esce la sua prima raccolta, Par su cont (Per conto suo) e da allora la sua produzione poetica continua fino ad oggi. “Ho privilegiato il dialetto perché è la mia prima lingua, quella dei miei genitori e dei miei nonni. Quella, come si suol dire, succhiata con il latte materno. Per me ha rappresentato un elemento catartico, di liberazione dalle mie angosce.” 

Il suo primo contatto con il pubblico avviene a Boncellino, in una serata in cui Ermanna Montanari e Marco Martinelli leggono le sue poesie. È a loro che Nevio Spadoni fa leggere il suo primo monologo teatrale Lus (Luce), definito da Gianni Celati il suo capolavoro. Prodotto da Teatro delle Albe e Ravenna Teatro con la regia e l’interpretazione di Montanari.

Primo lavoro teatrale che supera i confini ravennati per raggiungere alcuni Paesi europei e perfino gli Stati Uniti. Inizia così una serie di successi teatrali. Il monologo La Pérsa, che viene in parte integrato in Perhindérion, di cui Spadoni è coautore insieme a Martinelli, viene messo in scena nel 1998 al Teatro Rasi. Il monologo originale viene riproposto diversi anni dopo da Daniela Piccari, che lo presenta nel 2008, nell’ambito della rassegna Ravenna Festival. Ermanna Montanari sarà protagonista al Teatro Goldoni di Venezia de L’isola di Alcina, sempre di Spadoni, con cui l’attrice vince il premio Ubu. 

In seguito l’opera è stata presentata in molte città italiane, in diversi Paesi europei e anche negli Stati Uniti: a New York, Berlino, Limoges. Lisbona, Mosca, Mons e Tunisi. È sorprendente come un’opera teatrale scritta in dialetto possa aver fatto il giro del mondo.

Il successo porta anche a un sempre maggiore interesse per Nevio Spadoni e le sue opere. Così, Cristina Mazzavillani Muti, allora direttore artistico e presidente di Ravenna Festival, chiede a Nevio delle opere teatrali per il Festival.

Spadoni ha prodotto, su richiesta, tre opere teatrali, legate a notissimi personaggi, ambientate a Ravenna: Galla Placidia, Francesca da Rimini, Lord Byron e Teresa Guiccioli. Quest’ultima interpretata da Elena Bucci e Chiara Muti. L’autore inevitabilmente trasferisce nelle sue opere il vissuto che ha plasmato i primi anni della sua vita e che incide e riemerge inaspettatamente. 

“La vita della campagna era sotto il mio sguardo,” racconta. “I ciliegi in fiore, l’esplosione della primavera, i frutti. Le corse attraverso i campi, a piedi nudi già nel mese di marzo. Il rapporto privilegiato con gli animali che dura ancora oggi visto che convivo con due gattine, che dormono con me.”

Poi il suo sguardo si rattrista quando racconta di sua madre, severa nel rapporto diretto ma che esprimeva il suo orgoglio quando parlava con gli altri del figlio poeta. Molti sono i premi, i riconoscimenti e le segnalazioni ricevute già dalle prime pubblicazioni. Tra cui: Premio nazionale ‘Guido Gozzano’, per Cal parôl fati in ca; Guardiagrele (CH), Premio alla carriera per la poesia dialettale. Premio Pascoli di poesia (XX edizione) a San Mauro Pascoli; Premio di poesia Giuseppe Malattia della Vallata, nell’ambito del Festival letterario Pordenonelegge. 

Attualmente Spadoni si divide tra letture pubbliche delle sue poesie, collaborazioni con Il Resto del Carlino scrivendo di cultura e tradizioni romagnole. Per la rassegna Il Teatro di Nevio Spadoni, proposto dalla Cappella Musicale della Basilica di San Francesco, giunto alla sua terza edizione ha presentato il suo nuovo lavoro Giobbe. La paziente speranza, frutto del superamento del momento difficile vissuto negli ultimi mesi.

“Anche nei momenti difficili, non sono solo,” conclude Nevio Spadoni. “Ho un fuoco dentro che nessuno potrà mai spegnere: la poesia. La parola poetica è più forte di ogni difficoltà, più forte dei momenti bui che ho incontrato, che tutti in qualche modo incontrano nella vita.”

Nevio Spadoni e il fuoco della poesia
In queste pagine, lo scrittore Nevio Spadoni.
Pubblicato su Ravenna IN Magazine 02/25, chiuso per la stampa il 16/05/2025

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