Intelligenza artificiale e arte: cosa resta

di Roberta Invidia, foto Filippo Venturi
Dialogo tra fotografi e artisti nell’era dell’intelligenza artificiale
Cosa succede all’arte, e al ruolo dell’autore, quando l’intelligenza artificiale sembra saper fare tutto? Da questa domanda siamo partiti per interrogare chi, nella fotografia e nell’arte, ha già fatto i conti con questa nuova tecnologia. Nel dialogo tra Filippo Venturi – fotografo cesenate pluripremiato per i suoi reportage d’attualità – e Francesca Leoni e Davide Mastrangelo – ideatori e direttori artistici di Ibrida Festival che porta a Forlì la video art e le performance multimediali –, emerge che, paradossalmente, più la tecnologia diventa autonoma, più diventa necessario sapere di chi è la paternità di un pensiero, di un’opera. Un nuovo spazio di autenticità da cui ripartire.

“L’intelligenza artificiale mi ha incuriosito da subito,” dice Filippo Venturi che è laureato in Scienze dell’Informazione a Bologna.

“Ho cominciato a sperimentare nel 2023 e poi mi sono appassionato a Midjourney: mi incuriosiva il modo in cui le immagini generate dal software potevano imitare la fotografia, anche se in modo ancora approssimativo.” Da quell’esperimento è nato Broken Mirror, un progetto che ‘ri-racconta’ il suo reportage fotografico sulla Corea del Nord.

“Ho creato una metafora visiva, inserendo elementi alieni – dei grandi insetti – che si insinuano in ogni momento della vita dei nordcoreani. Quegli elementi rappresentano la dittatura che influenza la società, ma anche la natura invasiva e controllante della tecnologia, AI compresa.” Nel progetto He Looks Like You, il fotografo ha ricreato un incontro impossibile.

“Quello tra mio padre e mio figlio che non si sono mai conosciuti. Ho dato all’AI i loro ritratti, ne sono uscite immagini imperfette, non copie fedeli. Ogni volta il risultato era una sorpresa, come trovare una foto nel cassetto di cui non ricordavo l’esistenza. Potevo confondere questa imprevedibilità dell’immagine generata con l’autenticità, seppur solo per un istante.”

È lo stesso rapporto di imprevedibilità che molti artisti multimediali cercano di mantenere nel dialogo con l’AI. “Gli artisti sono come bambini curiosi,” spiegano Davide Mastrangelo e Francesca Leoni. “Quando arriva un nuovo mezzo lo decostruiscono, lo criticano, lo spingono oltre i limiti, lo usano per provocare.”

Nell’ultima edizione di Ibrida Festival – che ha festeggiato la decima edizione – l’installazione Portable Insult Machine ha fatto riflettere sulla capacità di questi strumenti, se usati male, di generare odio. “L’AI di solito è gentile e accondiscendente,” dice Francesca. “Nell’opera di Igor Imhoff viene manomessa nei suoi protocolli di sicurezza. Il visitatore viene osservato e descritto in tempo reale da un algoritmo AI, trasformato in un’immagine caricaturale e fatto oggetto di insulto.” 

In tema di provocazioni, quella di Venturi si chiama The Ravenuos Machine: un lavoro che riflette sul modo in cui le intelligenze artificiali vengono addestrate grazie alle nostre attività online. “Ogni volta che clicchiamo su uno di quei test, i reCAPTCHA, che ti chiedono di ‘riconoscere un oggetto’, stiamo affermando di non essere dei robot ma, allo stesso tempo, stiamo aiutando la macchina ad accumulare conoscenza su di noi e a imitarci meglio.

Ho voluto mostrare questo paradosso con diverse provocazioni, ad esempio con la foto di una soldatessa in divisa nei classici quadrati e la richiesta all’utente, come nei test, di indicare dove sono gli organi vitali.”

Ma che cos’è dunque l’AI per un artista e cosa ci rende artisti se gli strumenti per generare immagini e video sono sempre più potenti e accessibili? “L’AI è un partner creativo, un copilota che potenzia le capacità dell’artista,” dice Davide Mastrangelo, autore di spot Tv realizzati con l’intelligenza artificiale, “ma la direzione resta umana.

Si può delegare il tecnicismo, non l’identità e la propria visione artistica. A Ibrida abbiamo visto gli artisti utilizzare l’AI mantenendo intatta la loro poetica, ci ha fatto molto piacere.”

“L’intelligenza artificiale,” aggiunge Venturi, “mi ha permesso di fare cose nuove e di esplorare un mio lato creativo che non pensavo di avere. Però bisogna dire, specialmente ai più giovani, che serve una base di cultura e di tecnica per essere consapevole di cosa si sta creando. Il pensiero originale che sta dietro l’immagine sarà sempre più importante rispetto a come la stessa immagine è realizzata.” 

Nel mondo dell’arte la prossima sfida sarà dare forma a un’intelligenza ‘autoriale’. “In futuro,” dicono Davide e Francesca, “molti artisti vorranno addestrare un proprio modello di AI per superare i limiti imposti dalle piattaforme generiche e avere un’intelligenza addestrata sul linguaggio personale dell’artista. È un modo per difendere la propria libertà espressiva e per continuare a decifrare il reale.”

Lo stesso principio che guida Filippo Venturi quando dice: “La fotografia per anni è stata sinonimo di verità, poi abbiamo scoperto che poteva mentire. Ora l’intelligenza artificiale ci mette davanti a una nuova sfida: ci farà credere a tutto o dubitare di tutto. La soluzione sarà scegliere accuratamente le nostre fonti di informazione: giornali, fotoreporter, pensatori di cui decideremo di fidarci per la loro aderenza al reale.” 

Pubblicato su Forlì IN Magazine 04/25, chiuso per la stampa il 27/10/2025

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