Giacomo Garaffoni e il teatro

di Barbara Baronio, foto Francesco Girardi e Studio Kiwi
Il teatro come vita e poetica della mancanza
“Sono stato rapito dal teatro. Non credo che avrei potuto fare altro nella vita e a volte penso di aver iniziato a recitare proprio per arrivare a scrivere. Avevo bisogno di trovare la mia voce.”

Così si racconta l’artista cesenate Giacomo Garaffoni. Con il suo spettacolo Voglio soltanto le ossa, opera dedicata alla concittadina Cristina Golinucci scomparsa nel 1992 e mai ritrovata, ha debuttato come autore e registra teatrale al Bonci di Cesena, realizzando il suo più grande desiderio. Quello di scrivere e dirigere un’opera interamente sua in ogni aspetto. Anche nella scenografia e nel disegno sonoro.

Giacomo Garaffoni, classe 1981, studioso di filosofia, sin da giovanissimo si è affacciato al mondo del teatro in punta di piedi ma con grande determinazione. All’età di 25 anni si è avvicinato alla poetessa Mariangela Gualtieri, alla sua poetica e scrittura. Poi al regista Romeo Castellucci di cui ha ammirato la regia. Immediatamente si sono rivelate la sua spiccata sensibilità e la sua brillante abilità nel comunicare.

“Non sono un figlio d’arte e non so dire quando sia scattato in me questo desiderio di indagare il mondo del teatro. Di certo però, da cesenate, c’è stato il momento in cui ho incontrato il lavoro delle grandi famiglie artistiche di Cesena. E questo mi ha segnato. Mi sono innamorato di quel tipo di teatro, di quella ricerca e del linguaggio d’avanguardia che li hanno fatti conoscere al mondo intero. Cesena, pur essendo una città piccola piccola, mi ha offerto l’occasione di farmi coinvolgere nel grande teatro internazionale.”

Garaffoni ha i suoi inizi come attore performer nel 2009 e debutta con il Caino della Gualtieri per la regia di Cesare Ronconi. A partire dalla sua partecipazione al Festival di Avignone del 2012, con il suo primissimo lavoro scritto, Momento bianco, un’opera di video e di danza. Per passare alle sue successive produzioni con le quali ottiene importanti riconoscimenti. Emerge subito la sua grande propensione per le figure femminili, che conduce sul palco con le loro fragilità e attualizzandole.

“Non ci sono personaggi maschili nel mio lavoro,” confessa Giacomo Garaffoni. “Ho perso mio padre da bambino e sono stato cresciuto da una comunità femminile composta da mia madre, da nonne e da zie. E quindi è come se la mia scrittura non potesse distaccarsi da ciò che mi ha originato. La biografia è fuori dal mio teatro, io non scrivo mai di me stesso, ma scrivo di cose ho visto e vissuto.

La vita è un posto strano,” continua. “Dopo queste esperienze di attore, mi sono trovato in un periodo sabbatico di qualche anno e quando sono ripartito ho deciso di puntare sulla scrittura e sulla regia. Così nel 2019 ho scelto di affrontare il lungo viaggio che si concretizza quest’anno con Voglio soltanto le ossa prodotto da Emilia-Romagna teatro ERT – Teatro Nazionale. Nel frattempo sono accadute tante cose belle.

Nel 2020 c’è stata la mia Cassandra. Il diritto di parlare, di cui sono autore e anche interprete, che mi ha portato tante soddisfazioni. Ho ricevuto il Premio giovane arte contemporanea e cultura della Regione Emilia-Romagna. La mia opera è stata premiata a Parma capitale della cultura, ed è un lavoro che mi è valso una nomination in Biennale che poi ho vinto.

In seguito, nel 2021 la Biennale Teatro di Venezia mi ha nominato miglior nuovo autore italiano vincendo il bando ‘autore under 40’. E per quell’occasione ho scritto Veronica, un testo che affronta la storia della morte di una ragazza e della comunità femminile che si genera dietro questo lutto.”

Anni intensi in cui Giacomo Garaffoni si è immerso totalmente in quella ricerca che egli definisce “un osservatorio sul vuoto, uno sguardo profondamente emotivo su ciò che rimane nel mondo contemporaneo dopo il collasso dell’identità.” È proprio da una mancanza che Garaffoni è partito per lavorare sull’importante progetto di Voglio soltanto le ossa. Spettacolo che ha sviluppato con Marisa Degli Angeli, madre di Cristina.

Una storia dal titolo forte che deriva da una frase che Marisa ha pronunciato nel 2015 dopo l’ennesima lettera anonima che annunciava significativi ritrovamenti. Lo spettacolo ha debuttato proprio sul palco del Bonci in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, coinvolgendo tutta la comunità cesenate.

“Ciò che fa da perno al mio lavoro è la mancanza e il vuoto. Un po’ come il disco in vinile, che senza il foro centrale non riuscirebbe a girare. In questo caso c’è una manifestazione del vuoto, Cristina è divenuta un’icona della mancanza.

Il mio è un teatro della tragedia. Come ai tempi dei greci la tragedia era un fenomeno molto concreto dentro la società, poiché la comunità era indotta a una riflessione dopo aver assistito allo spettacolo. Allo stesso modo ho scelto di far ripartire il mio teatro proprio da una tragedia contemporanea.”

In seguito la forza di questa storia ha travalicato il teatro. “Immediatamente si è reso chiaro che questa vicenda poteva superare il teatro, da qui è nato un romanzo e una serie televisiva che ho già scritto e che stanno ottenendo ottimi riscontri.”

Garaffoni ha condotto la sua ricerca leggendo ogni atto e lettera legati al caso. “Ho conosciuto Marisa, la madre di Cristina, e le ho chiesto il permesso di parlare della figlia: ho scoperto una donna incredibile che da una tragedia ha saputo creare un’associazione per le donne scomparse, Penelope onlus.”

Un’indagine che tocca tante ombre della città e il racconto di una ferita aperta che Livia Rossi (come Cristina) e Alice Torriani interpretano con grande rispetto e delicatezza. “Abbiamo realizzato sul palco del Bonci un’architettura per consentire a una madre di dire addio.”

Garaffoni, che quando scrive e prepara uno spettacolo non ha praticamente tempo libero, trova nel teatro l’emozione straordinaria della vita.

Giacomo Garaffoni e il teatro
In queste foto, l’autore e regista teatrale Giacomo Garaffoni sul set della produzione teatrale “Voglio soltanto le ossa”.
Giacomo Garaffoni e il teatro
Giacomo Garaffoni e il teatro
“Il rumore del sipario è uno dei suoni della mia esistenza, il teatro ha questa doppia valenza per me: è il luogo in cui mi sento costantemente in pericolo, perché sul palco mi misuro con il buio, quello vero, con la luce, quella spietata, e con l’imprevisto, ma al tempo stesso però è anche l’unico luogo in cui riesco ad affrontare il pericolo e mi sento a casa.”

Condividi l’articolo: