Nel 2022, Leonardo Maltese debutta nel film di Amelio Il signore delle formiche, poi prosegue la sua ascesa con Rapito di Bellocchio e Gianni Versace: l’imperatore dei sogni di Mimmo Calopresti, dove interpreta lo stilista Gianni Versace. Nel 2023 è tra i sei attori emergenti premiati come ‘David rivelazioni italiane Italian Rising Stars’.
Lo scorso gennaio è in prima serata su Rai 1 come protagonista di Leopardi. Il poeta dell’infinito, una miniserie evento diretta da Rubini, dove interpreta proprio il poeta Giacomo Leopardi, un ruolo decisamente impegnativo ma che gli ha regalato grandi soddisfazioni. Sempre nel 2025 è diretto da Andò in L’abbaglio, dove veste i panni di Ragusìn, insieme a Toni Servillo.
Leonardo Maltese porta avanti in parallelo una carriera musicale utilizzando lo pseudonimo di Leo Fulcro. Nel 2020, lancia il suo primo singolo, Tourmalet, e il primo EP, Salmoni. L’anno successivo pubblica il primo album intitolato Il mondo che cambia, nel 2023 e 2024 rispettivamente gli EP, Boy on Earth e Il cuore un po’ più grande.
Ora sta lavorando al suo nuovo disco che uscirà in autunno e che proseguirà la saga Boy on Earth, su cui ha scritto anche un libro. È tipo un Piccolo Principe che indaga il mondo, la storia di un ragazzo che ricerca la felicità mentre il mondo cade a pezzi. Nato a Ravenna da papà siciliano e mamma inglese, oggi Leonardo Maltese vive a Roma come fuorisede.
D. Leonardo Maltese, è sbocciato prima l’amore per la musica o quello per la recitazione?
R. “Anche se ora sto molto lavorando come attore, la mia prima passione, quella più forte e travolgente, è per la musica. Ho sempre ascoltato tante canzoni sin da bambino, quasi in modo enciclopedico, poi a 7 anni ho preso le prime lezioni di basso, a 14 di chitarra, per poi fondare una band con amici.
Alle superiori ho scoperto la poesia e il rap, punto di arrivo e di partenza. L’approccio con la recitazione è stato diverso, molto meno intellettuale e di ricerca, più come una pratica fisica simile al camminare o al nuotare. Della recitazione mi piacciono i testi e le dinamiche tra attori e operatori del settore.”
D. Come si è avvicinato al mondo della recitazione?
R. “La prima esperienza è stata alle superiori con la Non Scuola del Teatro delle Albe di Marco Martinelli. Ricordo ancora il giorno in cui trovai un foglietto nei corridoi della scuola in cui si promuoveva questo laboratorio di teatro. Convinsi mia madre, mi iscrissi: ne ero così entusiasta che all’inizio pensavo di fare solo teatro.”
D. Dopo un breve periodo di studio in Inghilterra, dove ha una parte della famiglia, approda a Roma…
R. “Sì, l’obiettivo era fare l’accademia come alternativa all’università. Così dai 18 ai 22 anni, ho frequentato l’Accademia Teatrale Sofia Amendolea: un percorso che mi ha stravolto, ero entrato con delle idee e ne sono uscito con altre, ma molto più preparato. Da lì è cominciata la trafila dei provini dopo aver trovato un buon agente, ricordo ancora l’emozione.”
D. Le cose vanno bene in fretta perché a un provino viene notato da Gianni Amelio che la prende per il film Il signore delle formiche. Com’è andata?
R. “Penso che questo sia un mestiere in cui devi avere la fortuna di essere la persona giusta nel momento giusto. Non basta solo essere bravi. Avevo già fatto diversi provini prendendomi una caterva di rifiuti. Anche quella volta ero andato senza aspettative. Ed è stato il giorno più sconvolgente della mia vita.
Amelio mi fece fare qualche esercizio, poi prima di uscire mi disse che avrei fatto il suo film. Mi sembrava qualcosa di incredibile visto che ero solo agli inizi. La casting director infatti mi disse di andarci piano, di non dirlo con nessuno. Ma dopo qualche mese, durante i quali ho fatto un incontro con Luigi Lo Cascio, il co-protagonista, e una prova costumi, ho avuto la conferma di essere stato preso veramente.”
D. Quali attori considera un modello?
R. “Sono un po’ viziato perché molti di loro ho avuto la fortuna di incontrarli, come lo straordinario Sergio Rubini che mi ha diretto in Leopardi, o come Lo Cascio a cui sono molto legato umanamente.”
D. Qual è il ruolo a cui è più affezionato?
R. “L’esperienza di Leopardi è quella che più mi ha colpito, per l’emozione di interpretare un personaggio di tale calibro. Quando mi dissero che Rubini voleva incontrarmi, pensavo di fare letture in un documentario. Sono testi talmente sacri e noto che non avrei mai immaginato di poter interpretare…
Mi sono impegnato molto, tra la preparazione e il girato di oltre tre mesi, alla fine ho dedicato a Leopardi quasi un anno. La serie tv è stata vista da tanta gente, cosa non scontata per un prodotto per nulla frivolo e leggero. Mi scrivono ancora tanti ragazzi delle superiori che mi fanno i complimenti per questo ruolo.”
D. Con quale regista le piacerebbe lavorare in futuro?
R. “In Italia amo molto il lavoro di Alice Rohrwacher, non sarebbe male fare un suo film, anche per avere uno sguardo diverso. Adoro anche i film dei fratelli D’Innocenzo. C’è tanta roba davvero. Questo lavoro può creare una certa dipendenza dalle storie e dai personaggi.”
D. E lo sguardo va mai oltre confine?
R. “Certo, tanto più che sono anche di madrelingua inglese. L’Italia non ha nulla da invidiare agli Stati Uniti: siamo perfettamente capaci con i mezzi che abbiamo, c’è una generazione di attori giovani di talento e pluripremiati, e anche di registi.
Bisognerebbe però aprirsi di più alle nuove idee, uscendo dagli schemi. Il rischio infatti è quello di appagarsi facendo generi e storie ‘comode’, più consuete. Ma fare l’artista dovrebbe significare essere prima di tutto ‘scomodi’.”
D. Le capita mai un ‘blocco’ espressivo?
R. “Sì, penso sia naturale lavorando su questo doppio binario musica-recitazione. A volte mi sento meno ispirato, ma poi basta poco per fare scattare il clic per una nuova canzone o per trovare un nuovo modo di recitare, tutte cose che mi danno ossigeno ed entusiasmo.”
D. Il suo sogno nel cassetto, Leonardo Maltese?
R. “Vorrei essere felice e soddisfatto, e continuare a vivere come adesso, circondato dall’affetto della famiglia, della mia ragazza e dei miei amici.”