Nato ad Alfonsine, ma residente a Bagnacavallo, Pierluigi Randi è presidente dal 2019 dell’Ampro, l’associazione meteo professionisti. A metà degli anni Novanta del Novecento fonda con quattro amici il portale MeteoRomagna, lavora in seguito per Meteocenter di Faenza.
Oggi, da libero professionista, applicando la meteorologia ai servizi industriali, Pierluigi Randi è impegnato in servizi di consulenza per assicurazioni, società che si occupano di energia e per Tcr, per il carico e scarico di merci portuali. Divulgatore effervescente, non si è mai sottratto negli anni al racconto dei fenomeni atmosferici, degli eventi eccezionali, fornendo al grande pubblico, tramite i media, chiavi di lettura scientifiche lontano dalle notizie urlate.
D. Pierluigi Randi, come si diventa meteorologi in Italia?
R. “Ci sono diversi percorsi, ma fino a poco tempo fa non erano specifici. A Trento recentemente è nata la laurea magistrale in Meteorologia, poi ci sono i laureati in Fisica dell’atmosfera, oppure in Geologia o Astronomia. Diciamo che in Italia il meteorologo non esiste, non c’è un ordine professionale o un albo. E questo ha consentito la proliferazione di siti internet con le previsioni fatte da chiunque, finché non vedrà la luce la certificazione nazionale. Siamo in attesa della nascita di Italia Meteo, l’agenzia meteorologica civile.”
D. E il suo percorso?
R. “Dopo il diploma in Agraria, ho conseguito la specializzazione in Agrometeorologia e ho continuato a formarmi fino all’ottenimento della certificazione da parte del Cnr. La meteorologia è una disciplina scientifica, non può prescindere dall’informatica e bisogna imparare la chimica molto bene. Purtroppo il meteorologo ad alcuni appare come un indovino. L’atmosfera è un sistema caotico, per questo parliamo di previsioni. Il meteorologo ama la giornata grigia, la pioggia, lo studio dei fenomeni. La giornata di sole, per noi, è una noia mortale.”
D. Nel corso della sua carriera come è cambiato il clima?
R. “Sono un uomo di mezza età. Va peggio di quanto immaginassi, non ho dato credito ai modelli matematici che già negli anni Novanta presentavano gli elementi che vediamo oggi. Il clima è cambiato profondamente, quando la temperatura aumenta non tutte le aree rispondono nello stesso modo. Il Mediterraneo per esempio è considerato molto sensibile. I dati sono spietati, in estate adesso piove il 25% in meno di trent’anni fa. Ci stiamo abituando a un nuovo clima, secondo il principio della rana bollita che si adatta alla temperatura dell’acqua. Fino agli anni Ottanta, 35 gradi era una temperatura eccezionale. Nell’agosto del 2017 ci fu l’ondata più intensa in Romagna con 42 e 43 gradi. Nel 2003 l’estate fu apocalittica e interminabile. Il giugno 2022 è stato il secondo giugno più caldo dopo il 2003. Entro pochi anni abbatteremo i record dell’estate 2003, ma non nel 2022.”
D. Quindi siamo in pieno cambia- mento climatico?
R. “Per definire un evento estremo ci sono parametri dettati dalla climatologia statistica. Un evento estremo è intenso e raro. Un evento singolo, come la siccità, non è attribuibile al cambiamento climatico, però se vediamo aumentare la frequenza di determinati eventi, possiamo attribuire quella tendenza al cambiamento. Con l’aumento della temperatura media globale aumenterà la variabilità, ma non scompariranno gli eventi freddi.”
D. Questi mutamenti che riflessi hanno sulla vita delle persone?
R. “Ci sono studi che dimostrano che le condizioni meteo incidono sull’umore, la maggior frequenza di eventi estremi ci rende vulnerabili. L’aumento della temperatura ha introdotto nuove malattie, proliferazioni di insetti, pensiamo alla cimice asiatica, alla zanzara tigre e ora, con il cambiamento del clima, le cavallette. Assistiamo a calamità interconnesse tra loro, la pandemia ha indebolito la popolazione, abbiamo capito che un essere microscopico può mettere in ginocchio il pianeta. (continua…)