Sergio Baroni, collezionismo eclettico

di Alessandra Albarello, foto Lidia Bagnara
Uno studioso appassionato di arte decorativa
Per Sergio Baroni la passione per la decorazione e il collezionismo è iniziata quando era ancora bambino. Dentro di lui un talento artistico e una grande curiosità per oggetti particolari, tutto attorno il paesaggio scarno di Fusignano, in Provincia di Ravenna, dove è nato da padre romagnolo e madre svizzera.

Dopo la prima laurea in filosofia, conseguita all’Università di Bologna (la seconda la prenderà in sociologia all’Università di Urbino), Sergio Baroni inizia a insegnare. Ma si sa che il destino fa dei giri strani e un giorno, per strada, negli anni Settanta, viene scambiato per un modello.

Un equivoco che lo porta per caso a posare per un servizio fotografico su Panorama e lo induce a intraprendere con successo una nuova strada fino ad allora neanche immaginata. Viaggia in tutto il mondo. Durante una sfilata, viene notato dallo stilista Gianni Versace di cui diventa consulente per gli eventi speciali e per gli oggetti d’arte e di decorazione.

Nel frattempo apre a Brera, nel cuore di Milano, sua città d’elezione, la galleria Antichità Baroni. Un punto di incontro e approdo delle sue collezioni, trasformata poi in spazio per mostre ed eventi. La passione si intreccia con la cultura e la conoscenza, consolidandosi in un progetto più ampio e articolato, in una visione più chiara. E Sergio Baroni diventa un punto di riferimento del settore. 

Perito del Tribunale di Milano, esperto d’Arte del Collegio Lombardo, collabora anche con la rivista Antiquariato di Cairo Editore per la rubrica ‘L’esperto risponde’. Oltre a essere spesso chiamato per eventi e consulenze da musei, università, case d’asta, mostre. 

“Non ho mai voluto collezionare quello che collezionano gli altri. E non sono particolarmente interessato a un pezzo singolo ma alla relazione che esiste tra i vari oggetti,” racconta, cercando di spiegare le dinamiche e i segreti di un collezionismo eclettico da cui emerge spesso il suo legame con le origini.

“Mi sento profondamente romagnolo. Amo questa terra e a Fusignano ho ancora tutti i miei amici d’infanzia.” Non è quindi un caso che nel tempo abbia raccolto anche molti oggetti che fanno parte della tradizione popolare. Raccontando semplici gesti quotidiani e storie minime del passato che ricostruiscono visivamente il tessuto sociale di un territorio.

Come gli scaldini in ceramica e le bottiglie acchiappamosche di varie epoche. O le caveje, simbolo per eccellenza della Romagna. Ma anche le quasi duecento targhe devozionali prevalentemente del Settecento e dell’Ottocento, spesso dedicate alla Madonna di S. Luca, la cui donazione ha dato vita a Fusignano all’unico Museo di questo genere.

Ma poi il suo collezionismo vola molto alto come è successo per la mostra Fango, acqua e arte. Qui ha riunito alle Pescherie di Lugo il genius loci romagnolo con le opere di quattro prestigiosi scultori: Tullo Golfarelli, Domenico Rambelli, Ercole Drei e Angelo Biancini. Similmente, illuminante l’intuizione che quel generico Musicista di violino del Seicento, acquistato a un’asta milanese, fosse in realtà l’unico ritratto coevo esistente in Italia di Arcangelo Corelli. Realizzato nel 1670 quando, a soli 17 anni, il celebre musicista di Fusignano entrò all’Accademia Musicale di Bologna.

“L’ho visto sul catalogo dell’asta e ho pensato subito che assomigliasse ad Arcangelo Corelli. Infatti non mi sbagliavo. L’ho comprato alla stessa stima di partenza perché nessuno lo voleva ma poi tutti hanno iniziato a chiamarmi per acquistarlo. L’ho quindi presentato all’Università di Urbino che ha organizzato un grande evento nell’Aula Magna del Castello. E, successivamente, al Museo della Scala di Milano e all’Accademia Musicale di Bologna,” dice Sergio Baroni. Che, in collaborazione con il FAI, spera tanto di portarlo anche a Ravenna. Visto che, tra l’altro, una sala del Teatro Dante Alighieri è dedicata proprio al compositore e violinista di Fusignano.

Lo stretto rapporto con la città di Sergio Baroni si è riverberato anche nella consulenza al museo Byron per l’acquisto di oggetti legati al poeta inglese e che ora fanno parte dell’allestimento permanente. Lo stesso Baroni ha poi prestato al Museo un suo busto di Vincenzo Monti, opera di Pompeo Marchesi. Già esposto alla Galleria d’Arte Moderna di Milano durante una mostra dedicata allo scultore neoclassico.

“Anche se lontani temporalmente, esiste un’affinità elettiva tra Vincenzo Monti e Lord Byron. Il primo aveva tradotto l’Iliade e Byron notoriamente era innamorato della classicità greca, tanto che è poi morto in Grecia. Tra l’altro Vincenzo Monti, pur essendo nato alle Alfonsine, ha vissuto a lungo a Fusignano,” spiega.

Dietro a ogni oggetto c’è quindi una storia che ogni volta Sergio Baroni percorre, approfondisce, recupera con attenzione e sensibilità, restituendola al presente dalla profondità del tempo, attraverso un viaggio che ha delle affinità con il mondo della psicanalisi. Forse retaggio delle sue frequentazioni del cenacolo di intellettuali e psicanalisti che si riuniva all’eremo di Monte Giove. Tra questi Rossana Rossanda che ha dato il nome a Giovino, l’inseparabile gatto bianco di Sergio Baroni.

Sergio Baroni, collezionismo eclettico
Qui sopra, Sergio Baroni, originario di Fusignano e titolare della Galleria Baroni a Milano. In apertura, Sergio Baroni presenta il ritratto di Arcangelo Corelli al Museo del Teatro alla Scala di Milano.
Sergio Baroni, collezionismo eclettico
Pubblicato su Ravenna IN Magazine 04/25, chiuso per la stampa il 15/10/2025

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