Piero Meldini tra terra e mare

di Milena Massani, foto Tommaso Morosetti
15 secoli Di storia Della cucina Nel libro Di Piero Meldini
L’interesse per il cibo gli è stato trasmesso dalla madre. “Era un’ottima cuoca, capace di cucinare altrettanto bene i piatti della campagna, da cui proveniva, che quelli di mare,” racconta lo studioso Piero Meldini, direttore della Biblioteca Gambalunga di Rimini per più di venticinque anni.

Nel corso del tempo, Piero Meldini ha pubblicato alcuni romanzi di successo. Dagli anni Settanta, si dedica alla storia dell’alimentazione e della cucina, pubblicando diversi testi.

L’interesse per la storia del cibo è “frutto dei miei lavori sul periodo fascista. Mi ero accorto che se si volevano capire la mentalità e i costumi del tempo. Era più utile consultare, invece che le fonti canoniche, fonti per così dire stravaganti. Come i periodici femminili, i manuali di economia domestica, i romanzi rosa, i libri di casa, i ricettari… Da quelle letture sono nati, nel 1977, i quattro volumi della Cucina dell’Italietta.”

Con il suo nuovo libro dal titolo Mangiare a Rimini dall’età romana al Novecento, per Panozzo Editore, è riuscito a tracciare un percorso attraverso 15 secoli di storia della cucina riminese. Un lavoro avvincente.

Un bagaglio cresciuto nel tempo, con il suo sapere. In qualche caso, in mancanza o a integrazione delle fonti scritte, racconta lui stesso di aver fatto ricorso alle “fonti materiali e a quelle iconografiche”. Perché “la storia si fa (o piuttosto si dovrebbe fare) sui documenti. Però non sempre ne disponiamo,” dice.

“Ho potuto fare ricorso alle fonti scritte solo a partire dal tardo Medioevo. Per l’età romana e per quella bizantina, le sole fonti disponibili relative alla nostra città erano quelle iconografiche. Come i mosaici a tema ittico e la bellissima lastra di vetro. E quelle materiali, come le anfore e le suppellettili romane o i cucchiai d’argento bizantini. Ma le fonti iconografiche mi sono servite anche per illuminare meglio periodi successivi. Parlo degli affreschi dei pittori riminesi del Trecento e delle nature morte di Nicola Levoli.”

Meldini porta all’attenzione il ritrovamento di antiche posate venute alla luce durante alcuni scavi in piazza Cavour che dimostrerebbero una avanguardia di costumi a tavola. “Il ritrovamento a cui si riferisce è quello di sei cucchiai bizantini in lega d’argento,” spiega.

“Furono rinvenuti nell’area dove oggi ha sede la Banca del Monte dei Paschi. Sono posate molto raffinate, sagomate a conchiglia o a piuma, traforate e cesellate. Hanno un manico sottile e appuntito e una paletta ovale stretta e allungata.

A differenza dei romani, che non hanno mai adoperato posate individuali, i bizantini facevano uso di cucchiai, forchette e coltelli non molto differenti da quelli moderni. La raffinatezza dei Bizantini nel modo di vestire, nella cura del corpo, nell’uso dei gioielli e dei profumi è del resto proverbiale e raffinati erano anche a tavola. L’uso delle posate individuali però non attecchì, né a Rimini né altrove; saranno dimenticate e reintrodotte cautamente solo a partire dalla fine del Cinquecento. Un migliaio d’anni dopo.”

Cosa caratterizza maggiormente la nostra tavola, possiamo rintracciare un leitmotiv? “La cucina romagnola tradizionale ha un carattere eminentemente contadino,” dice lo studioso. “La cucina del riminese, e di Rimini città in particolare, si distingue perché alla cultura del cibo contadina somma quella marinara.

Tra i piatti dei giorni feriali delle famiglie di un tempo erano comuni, oltre a quelli con le verdure, preparazioni a base di pesce povero: i battutini o il riso con la seppia, gli spaghetti con le ‘poveracce’, la seppia coi piselli, il brodetto, le lumachine e i ‘garagoli’ in umido, le grigliate di pesce azzurro. Sto parlando, ripeto, della cucina di casa tradizionale, perché quella odierna ha un’identità piuttosto confusa.”

In quali altri frangenti la cucina riminese di terra e di mare si è fatta portatrice di curiose novità? “La cultura del cibo del riminese è stata innovativa nel Cinquecento con Costanzo Felici, che catalogò tutte le piante commestibili del nostro territorio, spontanee e coltivate, e ne descrisse gli usi in cucina.

Nel Settecento, con l’abate Battarra che propagandò l’uso delle piante americane, il mais e le patate, e insegnò tecniche d’avanguardia nella coltivazione della vite; nel secolo scorso con la coppia di ristoratori che introdussero due classici intramontabili della cucina di mare: Salvatore Ghinelli detto ‘e’ Gnaf’, che mise a punto la ricetta del risotto di pesce, e Bruno Barosi, che inventò la grigliata mista di pesce come la conosciamo.

Innovatore oggi non è chi scimmiotta la cucina senza radici, ma chi crea piatti inediti mantenendosi nel solco della tradizione locale e del peculiare sistema di sapori riminese.”

Piero Meldini tra terra e mare
Pubblicato su Rimini IN Magazine 01/25, chiuso per la stampa il 31/03/2025

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